Disturbi dell'umore

Alterazioni del tono affettivo e del comportamento come conseguenza di episodi spiacevoli o gravi possono insorgere in qualsiasi momento della vita, ed in condizioni normali non rappresentano un rischio concreto per la salute mentale. Quando però sentimento di tristezza o fluttuazione dell'umore diventano così forti da influenzare profondamente il nostro comportamento abituale e la nostra vita affettiva, sociale o lavorativa, è consigliabile rivolgersi ad uno psicologo per una corretta valutazione psicodiagnostica. In questi casi, infatti, in cui il rischio di depressione è concreto, un intervento tempestivo può fare la differenza tra un disturbo transitorio ed una cronicizzazione, nell'ottica di prevenzione e di promozione del benessere che è alla base della psicologia moderna. Non è infatti scorretto dire che per affrontare una depressione, che è un disturbo dell'umore ben più profondo e psicopatologicamente differente da un normale stato di tristezza o di malinconia, e che in quanto tale va trattato clinicamente affidando allo psicologo la capacità di discernere tra le due cose tramite i corretti strumenti conoscitivi che ha a disposizione, il primo passo da fare è riconoscere la necessità di un aiuto. Nei casi in cui invece il disturbo abbia già un decorso conclamato, lo psicologo agisce su base psicodiagnostica, inquadrando clinicamente il disagio, fornendo supporto in tutte le fasi dell'intervento psicoterapeutico o psichiatrico, rispondendo alle domande e ai dubbi del paziente, e promuovendone la crescita personale e la presa di coscienza della condizione patologica per fornirgli la possibilità di valutare ed eventualmente scegliere il percorso psicoterapeutico che più si adatta alle sue esigenze. 

 

La depressione non è tuttavia l'unico disturbo dell'umore. Anche le distimie, i disturbi da disregolazione dell'umore dirompente, le disforie, o gli episodi depressivi isolati hanno come caratteristica comune la presenza di umore triste o vuoto e una serie di sintomi associati di natura cognitiva e somatica che incidono significativamente con la funzionalità dell'individuo e con la sua vita precedente. 

 

Sebbene inoltre fino all'anno scorso la classificazione nosografica facesse rientrare anche i disturbi di tipo bipolare, le ciclotimie e le sindromi associate nella categoria più generica dei "disturbi dell'umore", attualmente tali disfunzioni, anche avendo caratteristiche cliniche in realtà molto simili tra loro, rientrano in una categoria a se, rappresentando una sorta di "ponte" in termini sintomatologici ed anamnestici tra i disturbi psicotici e quelli depressivi. In questa sede si è preferito comunque riunire queste due classi diagnostiche nella sezione dedicata ai "disturbi dell'umore" in quanto, al di là della natura eziologica e dell'inquadramento diagnostico, si vuole porre al centro dell'attenzione il paziente, la variazione del tono dell'umore, sia essa sul versante depressivo o quello maniacale, e l'esperienza che mette a rischio il normale funzionamento della persona che si rivolge allo psicologo. Purtroppo infatti la "nomea" delle sindromi bipolari e l'interessamento che esse suscitano nei media a causa della profondità del vissuto, che investe tutte le sfere psicologiche del paziente in modo anche piuttosto evidente dal punto di vista sociale, fanno si che troppo spesso l'accento venga posto sulla variazione comportamentale associata al disturbo, piuttosto che alle modifiche del tono dell'umore sottostanti, che sono e restano invece il principale interesse sia del paziente che del professionista della salute mentale che se ne fa carico. 


"Anche un pò di depressione è troppo" (Percy B. Shelley)