DIRITTI DEI PAZIENTI


Nel corso degli ultimi anni di pratica professionale a Berlino mi sono reso conto con sempre maggiore frequenza che molti pazienti non sono – o non vengono – informati su quelli che sono i loro diritti prima, durante e dopo il trattamento psicoterapeutico.

Tali diritti rappresentano un mattone fondamentale del setting clinico, sul quale in sostanza si fonda l’intera relazione terapeutica. Non solo tutelano il/la paziente a livello legale, ma gli/le offrono anche maggiore possibilità di controllo e di scelta nel momento in cui si trovano in una posizione – quella del “richiedente aiuto” – nella quale è facile sentirsi disorientati e con limitate possibilità di controllo.

 

La legge prevede che i pazienti vengano informati sui propri diritti e sugli effetti collaterali di un eventuale trattamento, già durante il primo o il secondo incontro, e comunque mai oltre la fase probatorico-diagnostica. Tali diritti devono in ogni caso essere riportati sul contratto terapeutico. Di particolare rilevanza, oltre al diritto fondamentale alla privacy, sono quelli che riguardano la diagnosi e la qualifica professionale di chi ha preso in carica il paziente.

 

 

I diritti del paziente in un qualsiasi rapporto di tipo sanitario sono regolati dal Patientenrechtgesetz (§ 630 BGB), che riporta testualmente: „Die Einwilligung des Patienten ist bei Eingriffen in den Körper, die Gesundheit oder in ein sonstiges Recht des Patienten notwendig“ (Il consenso del paziente è necessario negli interventi che riguardano il corpo, la salute o in un qualsiasi altro diritto del paziente”). Di seguito sono riportate le specifiche per i diritti che riguardano la psicoterapia qualora venga svolta presso uno psicoterapeuta (Psych.-Psychotherapeut) abilitato alla professione in Germania. E’ importante tuttavia sottolineare che in Germania il titolo di “Psychotherapeut“ è protetto dalla legge, mentre la definizione “Psychotherapie” non lo è, in quanto può essere anche praticata da un “Heilpraktiker für Psychotherapie”. La differenza sta, tra le varie, nelle tecniche di intervento, nella possibilità di effettuare diagnosi e nella ricerca scientifica effettuata a supporto della metodologia. In sostanza, si può dire che il titolo di “Psych-Psychotherapeut/in” fa riferimento a psicologi-psicoterapeuti o medici che utilizzano tecniche di intervento in Germania considerate “Evidence based” e che hanno dunque una “Approbation als staatlich anerkannte Zulassung zur Ausübung der Heilkunde” (traducibile con “abilitazione professionale sotto forma di licenza riconosciuta statalmente per lo svolgimento di una professione di cura / sanitaria”). Al contrario, gli psicologi non possono in alcun modo effettuare interventi di psicoterapia, né in Italia né in Germania. Sebbene i diritti dei pazienti dovrebbero essere considerati “universali”, indipendentemente dalla qualifica professionale di chi li tutela, alcuni dei diritti qui riportati sono specifici per la professione di Psych.- Psychotherapeut.


 

·          Diritto ad essere informato sui propri diritti. Sembrerà una cosa banale, ma il/la terapeuta o lo/la psicolog* sono obbligati per legge ad informare i pazienti sui proprio diritti e a tutelarli non solo durante tutta la durata del trattamento, ma anche prima e dopo l’intervento.

 

·        Obbligo alla riservatezza e alla non divulgazione e diritto alla privacy (Schweigepflicht und Datenschutz). Chiunque abbia avuto a che fare con uno/a psicologo/a o psicoterapeuta si sarà reso conto che in genere la formula di contatto è piuttosto rigida (contatto telefonico solo in determinate ore, da numero anonimo o comunque non da numero fisso, nessun contatto tramite Whatsapp, Skype, o altri canali considerati non sicuri, nessun riferimento specifico alla propria qualifica professionale nel caso di SMS). Allo stesso modo, avrà fatto caso che il/la professionista informa il/la paziente in merito a tale diritto già durante la fase conoscitiva, ovvero al primo appuntamento. Il diritto alla privacy è infatti considerato “la madre di tutti i diritti” per ciò che riguarda il rapporto tra psicologo/a o psicoterapeuta e paziente. È da intendersi non solo a tutela del singolo individuo, ma anche a tutela della professionalità sanitaria dell’intera categoria. In sostanza, è fondamentale che il/la paziente sappia che ciò che viene comunicato prima, durante e dopo la seduta, non venga ascoltato o riferito a nessun altro. In nessun caso lo/la psicologo/a può riferire quanto emerso durante la seduta a qualsiasi altra persona, ivi compresi medici o colleghi (le rarissime eccezioni sono tutte legate all’ambito penale, nell’ottica di poter prevenire alcuni tipi di crimini). Il contatto con amici o familiari del/della paziente, poi, è possibile solo su sua diretta richiesta e in sua presenza. All’inizio del trattamento al/alla paziente viene assegnato un codice che ne garantisce l’anonimato. Qualora il/la terapeuta ritenga opportuno, nell’ottica di una collaborazione multidisciplinare, contattare ad esempio il medico di base del/della paziente, o parlarne con un/a collega o un/a Supervisor, è tenuto/a a richiederlo espressamente al/alla paziente tramite uno specifico documento (lo Schweigepflichtentbindung). Anche in presenza di tale liberatoria, qualsiasi documento inviato ad un collega o ad un’altra figura professionale, oltre a dover essere anonimizzato utilizzando il codice paziente di cui sopra, deve essere protetto da una password. I documenti dei pazienti, poi, devono essere conservati con doppia chiave o doppia password digitale. Le pene per la violazione di tale diritto sono estremamente severe, e il rispetto di questi principi sono da considerarsi una priorità di ogni professionista della salute mentale, a tutela del paziente, della propria professionalità, e dell’intera categoria. La terapia online tramite ad esempio Skype o strumenti simili non garantisce la tutela di questo diritto, e per questo e altri motivi che riguardano la possibilità di documentazione e la Qualitätssicherung (“garanzia di qualità”), è generalmente considerata una pratica non consentita in Germania. Durante la pandemia la KV ha in diverse occasioni garantito tale possibilità come soluzione di emergenza per alcuni mesi, ma solo tramite appositi software con connessioni peer-to-peer che fossero in grado di tutelare l’anonimato dei pazienti.

 

·       Diritto ad avere chiarimenti sulla qualifica professionale dello psicologo / psicoterapeuta e agli ordini professionali di riferimento. Negli anni mi è capitato di ricevere pazienti che esperienze pregresse in termini di psicoterapia o supporto psicologico, i/le quali tuttavia non avevano idea di quale fosse la qualifica professionale di chi li aveva presi in carico. Se da una parte è ovvio che tale mancanza non si possa attribuire solo al/alla terapeuta di turno, dall’altra è opportuno ricordare che essere informati sulla qualifica professionale è un diritto inalienabile del/della paziente. Nessuno si rivolgerebbe ad un medico o ad un dentista senza avere la certezza che si tratti di una persona qualificata e legalmente autorizzata a svolgere tale professione. Conoscere tali informazioni lascia al/alla paziente maggiore autonomia di scelta per quanto riguarda il proprio trattamento. In tal senso il/la paziente deve sapere se si è rivolto/a ad uno/a psicoterapeuta, ad uno/a psicologo/a , ad un/una  Heilpraktiker, a un/una coach professionista o a qualsiasi altra figura professionale e, su richiesta, essere informato/a sulle differenze. La tutela di questo diritto è un obbligo fondamentale del/della professionista della salute mentale, il/la quale deve dunque informare il/la paziente non solo sulla propria qualifica professionale, ma soprattutto sull’appartenenza agli organi professionali di riferimento. Tali organi non solo vigilano sull’operato dello psicologo / psicoterapeuta, ma soprattutto garantiscono la tutela di tutti i diritti che trovate qui elencati. È ad essi, infatti, che il/la paziente si può e si deve rivolgere nel caso in cui questi diritti vengano violati. A tal proposito è opportuno ricordare che l’ordine che tutela tali diritti deve essere quello di riferimento nel Paese in cui si svolge il trattamento. Sebbene infatti la maggior parte dei diritti siano universali, l’Albo professionale di riferimento non ha solo valore di verifica deontologica, ma in casi estremi anche giuridico, e il foro di riferimento è quello del paese in cui avviene il trattamento. Per dirla in parole povere: anche uno/a psicologo/a qualificato/a in Italia, se opera all’estero, deve appartenere a uno o più ordini professionali del paese “ospitante”. Del resto, se immaginiamo ad esempio un medico italiano a Londra, è difficile immaginare che possa operare essendo iscritto solo all’Albo italiano.  L’Albo professionale vigila anche sull’adeguata formazione (in questo caso, su indicazione del La.Ge.So) e sul continuo aggiornamento professionale obbligatorio in termini di crediti formativi. Uno/a psicolog*/psicoterapeuta che lavora all’estero deve, in definitiva, attenersi alle leggi in materia dello Stato ospitante. Questo è un altro dei motivi – ma non l’unico né probabilmente il più pressante – per cui in un trattamento online internazionale non sempre si è in grado di tutelare i diritti dei pazienti. In tali casi, infatti, spesso viene a mancare non solo la conoscenza del territorio, ma soprattutto la possibilità di lavoro multidisciplinare (pratica molto comune in Germania soprattutto per determinate categorie di disturbi), la possibilità di intervento in caso di crisi e la possibilità del paziente di essere tutelato legalmente nel paese di residenza in caso di abuso professionale.

 

·       Informativa sul dovere terapeutico alla documentazione. Questo punto è strettamente legato con quello precedente, e fa riferimento all’obbligo dello/a psicoterapeuta a tenere documentazione del lavoro svolto, seduta per seduta. Per documentazione non si intendono necessariamente gli “appunti” che si prendono durante le sedute, ma in particolar modo le annotazioni cliniche che possono essere soggette a revisione nel caso di controllo da parte dei diversi organi competenti (cosa che in Germania avviene con una certa frequenza), quindi le tecniche di intervento utilizzate, la risposta del/della paziente a tali interventi e così via. Non è intento di questo scritto analizzare ciò che vada riportato nella documentazione, ma al/alla paziente basti sapere che tali annotazioni sono fondamentali non solo per dovere di trasparenza, e quindi in termini di verifica e per il corretto svolgimento della pratica professionale, ma anche perché certificano il lavoro svolto garantendo eventualmente continuità al trattamento nel caso il/la paziente debba o voglia rivolgersi ad un/una altro/a collega, o nel caso in cui sia suggeribile un trattamento combinato o multidisciplinare. Va anche sottolineato che il/la paziente ha diritto a visionare tale documentazione qualora lo voglia (a tal proposito, è sempre opportuno chiarire questa necessità con il terapeuta) o in ogni caso a farsela rilasciare qualora voglia rivolgersi in futuro ad un/a altro/a collega. Il rilascio di tale documentazione da terapeuta a terapeuta è obbligatorio solo in caso di “rinvio”, tuttavia poter visionare la documentazione del trattamento precedente agevola notevolmente il nostro lavoro e, di conseguenza, è da considerarsi a tutela del paziente. Da quanto scritto va da sé che la documentazione debba essere scritta e rilasciata nella lingua del paese in cui avviene il trattamento, in modo tale da permettere le verifiche di cui sopra, e da poter essere inoltrata a medici, ospedali, colleghi o chiunque abbia il diritto di visionarla con l’autorizzazione del paziente. Sebbene infatti il/la terapeuta possa prendere appunti di sessione in qualsiasi lingua, la documentazione ufficiale va sempre scritta nella lingua del paese in cui si opera.

 

·                   Diritto ad essere informati sul procedimento terapeutico. Tale diritto è forse quello dalla portata più ampia. Si tratta di una serie di informazioni che il/la terapeuta deve fornire al/alla paziente durante la fase probatorico-diagnostica o comunque prima dell’inizio della terapia. Dovere del/della  terapeuta è infatti garantire al/alla paziente la massima libertà di scelta in merito al trattamento, aiutandolo/a e sostenendolo nella sua autonomia fornendogli tutte le informazioni richieste. Rientrano dunque in tale dovere i chiarimenti generali sul trattamento psicoterapeutico (come si svolge generalmente una psicoterapia o un trattamento di sostegno psicologico), ivi inclusi il tipo di terapia proposto presso il proprio studio o ambulatorio e/o metodi terapeutici più adatti allo specifico quadro clinico del paziente, le condizioni generali e il setting terapeutico, una stima sulla durata in termini di ore di trattamento, l’eventuale prognosi se applicabile, la frequenza, i metodi di finanziamento della terapia e dunque il diritto del paziente al trattamento tramite copertura sanitaria (se il/la terapeuta non è in possesso di Kassenzulassung può suggerire al paziente i nominativi di altri colleghi che lo sono, ma mai di un singolo collega), il diritto alla risoluzione del contratto terapeutico, l’Honorarausfall, il diritto alla collaborazione multidisciplinare e il Berichtspflicht al proprio medico di base, cioè il dovere del terapeuta di informare il medico di base sul trattamento in corso nel caso in cui il/la paziente voglia esercitare tale diritto. È importante dunque che il/la terapeuta garantisca al/alla paziente la maggiore autonomia possibile nella scelta del trattamento e che eventualmente lo indirizzi alla scelta migliore, anche qualora ciò significasse doversi rivolgere ad un altro collega. Inoltre, sebbene non sia un dovere legale, lo/la psicologo o psicoterapeuta – abilitato/a alla professione e in continuo aggiornamento - dovrebbe essere in grado di fornire le prove scientifiche (l’“Evidence based”) dell’efficacia di uno specifico trattamento rispetto ad un altro relativamente ad un determinato quadro clinico, ivi incuse informazioni di base come il need-to-treat o le più comuni tecniche di intervento per uno specifico disturbo.

 

·             Diritto alla diagnosi, incluso il dovere professionale del terapeuta ad effettuare un inquadramento diagnostico e di comunicarlo al paziente. Questi due diritti sono tra quelli fondamentali della pratica professionale di uno/a psicoterapeuta, e pongono le basi per la terapia. Del resto, senza diagnosi è impossibile effettuare un qualsiasi tipo di trattamento, medico o psicoterapeutico che sia. Nel caso di alcuni specifici disturbi, la comunicazione della diagnosi rappresenta una vera e propria tecnica di intervento, conditio sine qua non per un trattamento efficace. La diagnosi è ovviamente fondamentale nel caso in cui il trattamento venga effettuato tramite finanziamento da parte della propria assicurazione sanitaria e nel caso in cui sia richiesto un trattamento multidisciplinare o con il supporto di altri professionisti. La diagnosi viene “rilasciata” al paziente dopo le prime cinque sedute di terapia, note come “fase probatorica”. Al termine di tale fase, il cui scopo è per il/la terapeuta di valutare il quadro clinico e stabilire un piano di intervento, e per il/la paziente di capire se la relazione terapeutica è per lui/lei soddisfacente, il/la terapeuta può effettuare un piano di intervento in base alle proprie competenze per lo specifico disturbo, o eventualmente suggerire al/alla paziente un/a collega o un tipo di terapia maggiormente efficace per lo specifico quadro clinico. In Germania l’inquadramento diagnostico tramite l’ICD-10 può essere effettuato solo da uno/a psicologo/a psicoterapeuta o da una figura equivalente (medico con specializzazione in psicoterapia). Va da sé che non sempre ci si trova in presenza di un quadro clinico con necessità di trattamento, quindi non sempre vi sarà una diagnosi. Nel caso in cui tuttavia ci fosse, il/la professionista della salute mentale è tenuto/a a comunicarla al/alla paziente e ad indicargli/le il trattamento più efficace, che deve essere effettuato da un/a psych-Psychotherapeut/in o da un medico abilitato alla psicoterapia.

 

·           Diritto ad essere informato sui possibili effetti collaterali della psicoterapia. Come tutti i trattamenti medico-sanitari, anche la psicoterapia può avere effetti collaterali. Nello specifico, si tratta di effetti indesiderati che si possono verificare nel contesto sociale del/della paziente, e che sono riconducibili in maniera più o meno diretta alle modifiche comportamentali che avvengono durante il trattamento. Il/La paziente ha il diritto di essere informato/a su tale eventualità prima che inizi il trattamento.

 

·          Diritto al trattamento alternativo e ad essere informato sulla possibilità di intervento medico o psichiatrico. Una volta effettuata la diagnosi, il/la terapeuta è tenuto ad informare il/la paziente sulla possibilità di un eventuale trattamento farmacologico (avvalendosi dunque dell’intervento psichiatrico) o mediante altri approcci psicoterapeutici. Da notare che anche sotto questo punto di vista lo/la psicoterapeuta è tenuto/a a seguire la Psychotherapie-Richtlinie, che indica quale tipo di trattamento sia più indicato allo specifico disturbo, e quali siano le condizioni per l’intervento psichiatrico. Allo stesso tempo, il/la paziente ha dunque diritto ad essere informato/a sulla stima di efficacia del trattamento proposto e su metodi di trattamento alternativi, tra i quali rientrano ad esempio altri tipi di psicoterapia o tecniche di intervento “alternative” ma con dimostrata validità scientifica come la MCBT, la MBSR e così via.

 

 


"Primum non nŏcēre"

(Per prima cosa, non nuocere)